Monet a Palazzo Reale di Milano: una mostra sorprendente, luce e colore, fino all’astrattismo delle ultime opere.
Il Palazzo Reale di Milano ospita la grande mostra “Monet” dedicata al più importante rappresentante dell’Impressionismo.
Promossa dal Comune di Milano-Cultura e prodotta da Palazzo Reale e Arthemisia, la mostra è curata da Marianne Mathieu ed è realizzata in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi, da cui proviene l’intero corpus di opere, e l’Académie Des Beaux – Arts – Institut de France.
Mentre Monet, amatissimo da tutti i cultori di arte, sembra già ben conosciuto in tutte le sue sfumature, la mostra di Milano ne mette in scena alcuni aspetti meno noti e in parte inaspettati.
Monet a Palazzo Reale di Milano
Nel percorso espositivo si possono contemplare 53 opere di Monet tra cui le sue Ninfee (1916-1919), Il Parlamento. Riflessi sul Tamigi (1905) e Le rose (1925-1926), la sua ultima e magica opera: un prestito straordinario non solo perché riunisce alcune delle punte di diamante della produzione artistica di Monet, ma anche per l’enorme difficoltà di questo periodo nel far viaggiare le opere da un paese all’altro.
Il percorso cronologico ripercorre l’intera parabola artistica del Maestro impressionista, letta attraverso le opere che l’artista stesso considerava fondamentali, private, tanto da custodirle gelosamente nella sua abitazione di Giverny.
Opere che lui stesso non volle mai vendere e che ci raccontano le più grandi emozioni legate al suo genio artistico.
Il Musée Marmottan Monet
Il Musée Marmottan Monet – la cui storia è raccontata nel percorso della mostra – possiede il nucleo più grande al mondo di opere di Monet, frutto di una generosa donazione di Michel, suo figlio, avvenuta nel 1966 verso il museo parigino – che prenderà proprio il nome di “Marmottan Monet”.
Suddivisa in 7 sezioni, l’esposizione introduce quindi alla scoperta di opere chiave dell’Impressionismo e della produzione artistica di Monet.
Il tema indagato nella mostra Monet a Palazzo Reale di Milano è in particolare il tema della riflessione della luce e dei suoi mutamenti nell’opera stessa dell’artista.
Nelle opere che rappresentano l’intero excursus artistico del Maestro impressionista, si rappresenta l’evoluzione di questo tema a partire dai primissimi lavori, significativi del nuovo modo di dipingere en plein air e da opere di piccolo formato, ai paesaggi rurali e urbani di Londra, Parigi, Vétheuil, Pourville e delle sue tante dimore.
È il mondo di Monet, con le sue corpose ma delicatissime pennellate e con quella luce talvolta fioca e talvolta accecante che ha reso celebri capolavori come Sulla spiaggia di Trouville (1870), Passeggiata ad Argenteuil (1875) e Charing Cross (1899‐1901), per citarne alcuni.
Ma non solo. Verdeggianti salici piangenti, onirici viali di rose e solitari ponticelli giapponesi; monumentali ninfee, glicini dai colori evanescenti e una natura ritratta in ogni suo più sfuggente attimo.
Nel percorso espositivo si scopre la tecnica della pittura en plein air, collegata allo sviluppo della rete ferroviaria e all’invenzione del colore in tubetto e fatta di tele di piccolo formato, più facili da trasportare, pennellate veloci, gamma dei colori impiegati più chiara.
Monet, maestro della pittura en plein air, dedicherà l’intera vita a cercare di cogliere le variazioni luminose e le impressioni cromatiche dei luoghi che osservava. Più che il soggetto, lo interessa il modo in cui viene trasfigurato dalla luce.
Per catturare la luminosità sempre mutevole, il pittore lavora in fretta, con pennellate che si susseguono rapidamente, inoltre non esita a visitare siti in cui si verificano violenti cambiamenti climatici.
La costa normanna con i suoi magnifici tramonti, oppure la regione della Creuse, scoperta durante un soggiorno nel 1889, gli offrono la possibilità di ritrarre l’intensità luminosa in un ambiente naturale ancora selvaggio.
Monet a Palazzo Reale di Milano
Ma è soprattutto l’ultima parte della mostra quella più sorprendente.
Nella carriera di Monet, Londra fu un vero e proprio laboratorio di sperimentazione.
I paesaggi spettrali generati dai fumi delle fabbriche e la foschia del Tamigi gli permisero di lavorare, come lui stesso disse, su ciò che in pittura era impossibile: la nebbia impalpabile che copre le architetture e la luce mutevole che sfiora la superficie dell’acqua.
Una nuova fase di ricerca si manifesta pienamente nel ritorno a Giverny.
Con le Ninfee del 1904 e 1907, Monet concentra tutta la composizione su un particolare del suo giardino d’acqua: l’inquadratura è audace, la linea dell’orizzonte, ancora presente nei suoi paesaggi londinesi, qui manca del tutto.
Rimangono soltanto i riflessi della vegetazione che cresce intorno lo stagno e le ninfee isolate, appena abbozzate. In queste opere Monet adotta un punto di vista completamente nuovo, aprendosi a un diverso rapporto con lo spazio e andando oltre l’impressionismo.
Dal 1914 fino alla sua morte avvenuta nel 1926, Monet esegue centoventicinque pannelli di grandi dimensioni che hanno come soggetto il giardino d’acqua di Giverny.
Questi dipinti monumentali, realizzati direttamente nell’atelier, portano all’estremo la ricerca già iniziata con le Ninfee del 1903 e del 1907. Raffigurando una piccola parte del suo stagno in un formato così grande, Monet non solo annulla ogni riferimento prospettico reale, ma propone di immergere l’osservatore in una distesa d’acqua che si fa specchio: le nuvole e le fronde dei salici si riflettono sulla superficie dello stagno, e il sopra e il sotto sono ormai indistinguibili.
Con la malattia agli occhi, Monet non ha più una visione limpida, la sua tavolozza si riduce e – lo notiamo nei cicli del Viale delle rose, del Ponte giapponese e del Salice piangente, tutti di questo periodo – è dominata dalle tonalità di marrone, rosso e giallo.
Dalla rappresentazione si passa allo schizzo, via via sempre più indecifrabile e astratto.
Questi dipinti da cavalletto, che non hanno uguali nel percorso artistico di Monet, avranno una profonda influenza sui pittori astratti della seconda metà del Novecento.
Catalogo edito da Skira.
www.palazzorealemilano.it
www.monetmilano.it
Franca D.Scotti
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